Il cammello parlante

Al termine delle velocissime riprese di "Harum Scarum", suo diciannovesimo film a soggetto, Elvis regalò al regista Gene Nelson una foto con la seguente dedica: "un giorno faremo qualcosa di buono". Con questo gesto calò il sipario su un progetto cinematografico talmente brutto da far sembrare spettacolari molte delle precedenti pellicole girate dal cantante, che notoriamente non erano capolavori. In effetti, la sciagurata idea di mettere in piedi una storia ambientata nell'immaginario Lunarkand generò scene che è gentile definire ridicole (vedi ad esempio quella accompagnata dal brano "Hey Little Girl"), un set allestito con una manciata di dollari e una colonna sonora a tratti inascoltabile. L'unico aspetto positivo di questo film di serie C è dato dall'aspetto del protagonista, decisamente affascinante nei panni di un redivivo Rodolfo Valentino. Davvero non c'è altro, se non il tenero, disperato tentativo di trasformare una sceneggiatura scombinata in qualcosa di decente.

Quello di "Harum Scarum" è un disastro che affonda le radici nel desiderio di muoversi in tempi strettissimi, in modo da abbassare i costi e trarre il massimo profitto dagli "Elvis Presley Movies". I primi frutti (amari) derivati da questa vergognosa strategia, che non teneva in minima considerazione lo status di un grande artista che poteva fare di meglio anche a livello recitativo, erano stati colti con "Kissin' Cousins" (1964), altro progettino firmato MGM/Sam Katzman. Se paragoniamo questo film a quelli girati in precedenza da Elvis, possiamo facilmente rilevare uno scadimento di notevoli proporzioni, riguardante tutti gli aspetti relativi alla sua realizzazione. Va detto che il grande sogno holliwoodiano di Elvis, che lo vedeva impegnato in ruoli di una certa consistenza, all'epoca di "Harum Scarum" si era già dissolto. Nella primavera del 1964, dunque un anno prima che iniziassero i lavori per questa strampalata avventura in oriente, saltò fuori che Hal Wallis si era servito dei soldi guadagnati con il disilluso re del rock 'n' roll per realizzare l'ambizioso "Becket", un'opera che fece incetta di premi e nomination. A quanto pare, qualcuno aveva fatto la scoperta dell'acqua calda... A nulla serve riconoscere che pur muovendosi su sentieri puramente commerciali, da lui stesso tracciati, almeno fino a "Roustabout" (1964) Wallis fece un lavoro decente, superiore a quello di tanti altri produttori intorno all'osso.

Elvis fece fuoco e fiamme per la storia di "Becket", ma ligio al dovere ben oltre i limiti della sopportazione proseguì sul suo personale viale del tramonto, come se nulla fosse. Era fondamentalmente un buono e nel corso della sua vita incontrò parecchie persone sbagliate, inadeguate. Lui ci mise del suo, perché avrebbe dovuto metterle alla porta, invece continuò a ritenersi un ragazzo fortunato al quale erano state date, dal fato o dalla divina provvidenza, possibilità inimmaginabili. Secondo il suo modo di intendere le cose, un rifiuto sarebbe valso a sputare nel piatto in cui mangiava, qualcosa che non avrebbe fatto neanche sotto tortura. Ecco perché nel corso della sua carriera trionfò con un concerto in mondovisione ma fece circa seicento repliche a Las Vegas, ecco perché cantò "Suspicious Minds" ma anche "Dominic". In sostanza, accettò gli incidenti di percorso ritenendoli inevitabili, il giusto prezzo da pagare per aver raggiunto la vetta.

Questa consapevolezza, questo suo modo di agire che rischiava di assimilarlo ad un ragazzino obbediente, felice del gelato e scontento della medicina, non lo aiutò però a sentirsi meglio. Fu proprio intorno alla metà degli anni '60 che Elvis cercò conforto negli studi spirituali, agevolato dall'incontro (che non staremo ad analizzare in questa sede) con Larry Geller. Probabilmente era soltanto annoiato, confuso e irrimediabilmente solo, fatto sta che la lettura di montagne di libri a tema e gli insegnamenti del suo guru personale non gli fecero invertire la rotta, anche se ad un certo punto considerò addirittura l'eventualità di ritirarsi in un monastero. Soprattutto, Elvis non poté evitare in nessun modo "Harum Scarum", che si ritrovò davanti in un dato momento della sua esistenza, come se lo avesse deciso qualcuno più saggio di lui, quasi fosse l'ennesima prova da superare per dimostrarsi degno.

Appunto ad "Harum Scarum", dobbiamo tornare. Alla fine, anche il Colonnello si rese conto che era venuto fuori una schifezza. Si infuriò (!), poi gli venne in mente di inserire nella sceneggiatura un cammello parlante che avrebbe narrato le vicende che si svolgevano nel turbolento Lunarkand, a rischio di golpe all'epoca dei fatti. Ai più questa mossa potrà sembrare pazzesca, eppure lo scopo di Parker era proprio quello di salvare il film in calcio d'angolo, facendone sembrare intenzionale la mediocrità. Lo scaltro manager, che tanto si era adoperato per spingere il suo protetto in un vicolo cieco, stava ammettendo di aver esagerato, di aver tirato troppo la corda. Per mascherare le sue colpe pensò di servirsi di un cammello, ma il cammello non si fece vedere.

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