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Visualizzazione dei post da gennaio, 2019

50 anni di "Suspicious Minds"

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Gli effetti speciali non sono rintracciabili nei trentuno film che Elvis Presley girò tra il 1956 e il 1969, ma in un gran numero di canzoni che lui interpretò nel corso di ventitré anni. Prendiamo "Suspicious Minds", registrata il 23 gennaio del 1969, mezzo secolo fa giusto oggi. In questo post  non starò a parlarvi delle straordinarie session che ebbero luogo a Memphis all'inizio del 1969. Basti ricordare che in quell'occasione Elvis fu affiancato da un brillante produttore, circondato da eccellenti musicisti e fornito di brani di notevole spessore, finalmente all'altezza del suo nome. Questa insperata e quanto mai gradita combinazione di eventi favorevoli generò masters di eccezionale livello, un album del calibro di "From Elvis in Memphis" e non meno di quattro successi in classifica: "In The Ghetto" (3), l'appena citata "Suspicious Minds" (1), "Don't Cry Daddy" (6) e "Kentucky Rain" (17). Superfluo,

L'alba di Aloha

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Guardo questa immagine e ripenso al mio primo poster di Elvis. Me lo regalò mia madre nell'autunno del 1977 e ricordo che la ringraziai non so quante volte. Le dico grazie anche oggi. Amava profondamente Elvis e cercò sempre di assecondare la mia nascente passione, anche quando di soldi in casa ne giravano pochissimi. Io non chiedevo mai, non le avrei chiesto nulla neanche sotto tortura. Aspettavo che lei mi facesse capire che si, quel giorno avrei avuto qualcosa da aggiungere alla mia piccola collezione. Il poster lo trovammo in un grande negozio di dischi e l'indomani lo portammo a incorniciare. Restò appeso in salone diversi anni e quando parenti e amici venivano a trovarci subivano invariabilmente il fascino di quell'uomo dall'aspetto regale. Osservavo attentamente le reazioni, la curiosità e lo stupore dipingersi sui loro volti ed ero incredibilmente fiero del mio idolo. Ero solo un bambino, di "Aloha From Hawaii" non ne sapevo nulla, ma in qualche modo

Elvis e il cinema: Acapulco e dintorni

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La ricetta della felicità a Hollywood ?   Facile: una location esotica, delle splendide ragazze e un mucchio di canzoni senza pretese, perché la gente vuole passare un'ora e mezza al cinema lasciandosi i problemi alle spalle. Già, nei primi anni sessanta  il nuovo corso cinematografico voluto da Hal Wallis  e dal Colonnello Parker  pagava bene, assicurando incassi di notevole entità su tutti i fronti. E allora, perché cambiare le carte in tavola e buttarsi sull'impegnato, correndo il rischio di ritrovarsi con le tasche vuote? A un certo punto Elvis  avrebbe iniziato a manifestare totale insoddisfazione nei riguardi della sua carriera di attore, lamentando l'impossibilità di cimentarsi con un ruolo drammatico, ma non c'è motivo di dubitare che in quei primi anni del decennio traesse soddisfazione da quanto stava facendo sul set. Parlando di musica e limitandoci alle linee guida tracciate dalla premiata ditta Wallis / Parker, che avrebbero reso superfluo un buon film

La Frankie perfetta. Breve ricordo di Donna Douglas

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Dopo aver mosso i primi passi su vari set cinematografici e televisivi, Donna Douglas legò la sua fortuna di attrice alla sitcom "The Beverly Hillbillies", che la vide tra i protagonisti, nel ruolo dell'adorabile Elly May Clampett, dal 1962 al 1971. Si tratta di una serie poco nota qui in Italia ma popolarissima negli Stati Uniti, dove figurò spesso nelle classifiche dei programmi più seguiti della televisione. Ricordo di averne visti alcuni episodi molti anni fa, su qualche emittente privata, poi ne persi le tracce. Ovviamente noi appassionati di Elvis la ricordiamo come sua partner femminile in "Frankie And Johnny" (1966). Chi mi conosce lo sa, ho sempre avuto un debole per questo film, lo trovo divertente e mi piacciono anche le numerose canzoni che ne compongono la colonna sonora. Uno dei motivi che me lo hanno fatto apprezzare nel corso degli anni è dato proprio dalla presenza di Donna, che trovo bella e simpatica, semplicemente perfetta nei panni di Fr

Pittsburgh e ricordi

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Sul finire degli anni '80 trovai una copia del libro Elvis -The Final Years  di Jerry Hopkins  in una piccola e sperduta libreria della mia città. All'epoca l'opera di Hopkins (mai tradotta in italiano) era considerata (a torto o ragione) la migliore biografia dedicata al Re e non mi parve vero di portarmela a casa. Fortuna che quel giorno avevo un po' di soldi in tasca, perché mi ero congedato da qualche mese ed ero ancora alla ricerca di un'occupazione decente. Comunque, quando iniziai a sfogliare Elvis - The Final Years  avevo già dieci anni di passione presleiana alle spalle, parecchi dischi, ma a livello di libri c'era ben poco in giro, ed è per questo motivo che molti appassionati italiani avevano consumato le pagine della bio firmata da Albert Goldman , notoriamente piena di inesattezze e cattiverie gratuite. Proprio a causa di questo discutibilissimo volume, mi ero fatto l'idea di un Elvis  che durante gli ultimi due anni di vita riusciva a malapen