50 anni di "Suspicious Minds"

Gli effetti speciali non sono rintracciabili nei trentuno film che Elvis Presley girò tra il 1956 e il 1969, ma in un gran numero di canzoni che lui interpretò nel corso di ventitré anni. Prendiamo "Suspicious Minds", registrata il 23 gennaio del 1969, mezzo secolo fa giusto oggi. In questo post  non starò a parlarvi delle straordinarie session che ebbero luogo a Memphis all'inizio del 1969. Basti ricordare che in quell'occasione Elvis fu affiancato da un brillante produttore, circondato da eccellenti musicisti e fornito di brani di notevole spessore, finalmente all'altezza del suo nome. Questa insperata e quanto mai gradita combinazione di eventi favorevoli generò masters di eccezionale livello, un album del calibro di "From Elvis in Memphis" e non meno di quattro successi in classifica: "In The Ghetto" (3), l'appena citata "Suspicious Minds" (1), "Don't Cry Daddy" (6) e "Kentucky Rain" (17). Superfluo, ma doveroso rimarcare quanto Elvis avesse bisogno di hits in quel preciso momento della sua carriera: gli ultimi anni passati a Hollywood avevano indubbiamente compromesso il suo potenziale commerciale.

Nel corso degli anni ho provato ad introdurre nel mondo di Elvis un sacco di gente. Parlo di persone che di lui sapevano poco e niente, che spesso erano maldisposte nei suoi confronti a causa del pregiudizio e della cattiva informazione. Molto logico, considerando il trattamento riservato a Elvis nel nostro paese, che a voler essere gentile ed evitando polemiche - abbiamo già dato - potremmo definire superficiale e poco attinente alla realtà. Tornando ai miei reiterati tentativi di fare apprezzare l'arte presleiana, devo dire che a volte è andata bene, altre molto meno. Che dire, per quanto possa sembrarci strano Elvis non può piacere a tutti, ma almeno un brano ha sempre messo d'accordo tutti: "Suspicious Minds". Non è difficile capire perché. Parliamo di un pezzo che non è solo dotato di una squisita linea melodica e di un ritmo trascinante, ma che suona incredibilmente fresco e moderno ancora oggi. Magie di una produzione pressoché perfetta sotto tutti i punti di vista. Poi, al suo interno è possibile rintracciare, intatto, l'ardore incendiario che aveva caratterizzato le incisioni di Elvis nei gloriosi anni '50, e allora non ce n'è per nessuno.

Riallacciandomi agli effetti cinematografici di cui si parlava in apertura, Elvis approccia questa canzone nel modo che gli aveva permesso di diventare una leggenda, vale a dire calandosi completamente nella parte. Già il primo "We're caught in a trap, I can't walk out..." è saturo di drammaticità e sinistri presagi. Nel prosieguo del pezzo il Re continua a ripetere ossessivamente questo concetto, fino allo sfinimento, fino a cadere privo di forze sul letto, accanto a una "lei" che possiamo immaginare non meno disperata di lui. Il coro, in questo caso imprescindibile, rimarca impietosamente l'angoscia che sovrasta la coppia, spingendola verso un finale incerto, probabilmente negativo. Un amore nato sotto una cattiva stella... A volte capita, non è colpa di nessuno. Quando tutto tace, si è come svuotati, noi quanto colui che interpretò questa autentica meraviglia in musica.

Buon compleanno, capolavoro.

Foto: Roberto Paglia

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