Domenica mattina con Elvis e Clambake

Poco fa, mentre giravo senza meta su YouTube mi è venuta l'ispirazione di riascoltare l'album Clambake. Disco molto particolare, lo si evince già dal brano piazzato in apertura di lato 1 del vinile dai discografici dell'epoca: Guitar Man. Quindi, se nella seconda metà degli anni sessanta quelli della RCA si videro costretti a sfornare una colonna sonora dietro l'altra, visto che Elvis e il Colonnello raggiungevano la quota con i brani targati Hollywood, in questo caso ebbero la possibilità, immediatamente sfruttata, di riempire il LP di bonus songs (fra le quali figura anche Big Boss Man) provenienti da una significativa session che si era tenuta a Nashville il 10 e 11 settembre del 1967, durante la quale Elvis, libero da obblighi cinematografici fu finalmente messo nella condizione di sfoderare parte del proprio straripante talento grazie a composizioni di un certo spessore. Come detto, alla più bella di queste bonus songs venne affidato il compito di aprire un album che poi lasciava sfilare le canzoni del film Clambake prima di tornare a materiale di maggiore consistenza. Ne venne fuori un 33 giri ibrido, all'interno del quale i dodici pezzi, pur vicini dal punto di vista temporale sembrano divisi in due blocchi distinti giunti a noi da dimensioni parallele. Inutile dire che si sarebbe potuto fare di meglio, magari tenendoli in serbo in vista di un album contemporaneo da pubblicare all'inizio del 1968.

Tuttavia, a volte è anche giusto decontestualizzare e oggi possiamo permetterci di giudicare Clambake per le canzoni che contiene senza stare a pensare che Elvis avrebbe potuto fare ben altro durante il decennio consacrato al cinema e, soprattutto, che nel 1967 uscirono il primo album dei Doors, il Sgt. Pepper dei Beatles, John Wesley Harding di Dylan, il primo lavoro dei Pink Floyd ecc...

Ecco, in questo senso scopriamo che nel "blocco hollywoodiano" rintracciabile in Clambake trova posto una perla del calibro di You Don't Know Me, che sono belle anche The Girl I Never Loved e A House That Has Everything e che non è male nemmeno la title-track, che vede Elvis inseguire la linea del basso mentre invita tutti a fare festa. Per quanto mi riguarda, sono soltanto due i brani che non raggiungono la sufficienza: Confidence e Hey, Hey, Hey. Sulla base di queste considerazioni - che forse a qualcuno potranno sembrare sorprendenti -  si può concludere che durante i sixties uscirono effettivamente dei dischi minori, non rappresentativi del nome impresso sulla copertina ma anche che, canzoni alla mano, è meno scontato di quanto si possa pensare inserire Clambake fra questi.

Foto: Roberto Paglia

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