I guai non vengono mai da soli: La recensione di "Double Trouble"

L'album contenente le canzoni del film "Double Trouble" non è certo passato alla storia per essere stato uno dei migliori realizzati da Elvis Presley. A mezzo secolo di distanza dalla sua pubblicazione, in un'epoca in cui le colonne sonore incise da Elvis negli anni '60 cominciano ad essere decontestualizzate e in virtù di ciò maggiormente apprezzate, il disco continua ad esporre il fianco alla critica, venendo generalmente ricordato come uno degli episodi musicali più scadenti legati al nome del cantante più famoso della nostra era. A questo proposito, giova ricordare che "Double Trouble" ebbe la sventura di essere pubblicato lo stesso giorno di giugno in cui arrivò nei negozi di dischi britannici "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band", vertice creativo dei Beatles e, in assoluto, una delle opere più influenti della storia del rock. Questa coincidenza non aggravò ulteriormente la già difficile situazione nella quale si era venuto a trovare Elvis, ma si rivelò ugualmente infelice.

Comunque, l'ennesima deriva hollywoodiana non si mantenne solo a debita distanza dal Sergente Pepe, sarebbe stato il minimo, ma risultò drammaticamente carente anche se paragonata al precedente lavoro in studio di Elvis, quello splendido "How Great Thou Art" che tanto aveva fatto per far riguadagnare credibilità ad un artista ormai abituato a frequentare le zone periferiche della scena musicale. I lusinghieri risultati raggiunti dall'album sacro, che si sarebbe portato a casa un meritatissimo Grammy si rivelarono però inutili, perché "Double Trouble" si rimangiò la dote in brevissimo tempo. Per avere un'idea di quanto la carriera di Elvis fosse a quel punto compromessa e in balia delle onde, basti pensare che i due dischi furono registrati a un solo mese di distanza l'uno dall'altro.

Se l'appena citato "How Great Thou Art" aveva felicemente riportato l'artista alle sue radici, "Double Trouble" sembra invece voler fermare il tempo, salvaguardando da intemperie e dita moleste una bolla di sapone. L'impalpabilità del progetto è evidente a tutte le persone coinvolte nella sua realizzazione e allora meglio tirar dritti facendo finta di nulla, mascherando quel poco che si annida fra i solchi del vinile con una copertina colorata e tanta pubblicità. Una strategia inevitabile, messa in pratica proprio nel momento in cui la musica andava sempre più trasformandosi in uno strumento in grado di liberare la mente, facendo raggiungere luoghi inesplorati e a prima vista inaccessibili alle nuove generazioni.

Volendo prescindere dall'aspetto puramente creativo della sua professione, se intorno alla metà di quel decennio Elvis avesse potuto disporre di qualche buon pezzo, gli sarebbe bastato mantenersi nei pressi delle coordinate musicali da lui stesso tracciate per continuare ad essere considerato un punto di riferimento. Continuava ovviamente ad esserlo, ma ormai lo si considerava tale per i suoi illustri trascorsi, certo non per la pubblicazione di album come "Girl Happy" o "Harum Scarum".

Difficile stabilire se all'epoca in cui sbrigò questa pratica Elvis pensasse ad un suo eventuale ritorno, se cullasse questo sogno e sapesse come farlo materializzare. Magari si, ma in attesa del momento in cui avrebbe ricominciato a fare sul serio, se mai quel momento fosse arrivato, le cose continuarono ad andare avanti per inerzia, vale a dire con un mucchio di contratti cinematografici da onorare.

Fatto piuttosto inusuale nella filmografia di Elvis Presley, "Double Trouble" è una sorta di giallo che porta il protagonista a muoversi tra l'Inghilterra e il Belgio. Inutile rimarcare che il set non approdò mai in Europa e che le riprese si svolsero unicamente in quel di Hollywood, per quanto Annette Day, la co-protagonista del film, fosse stata individuata dal produttore Judd Bernard proprio a Londra. Questa mai avvenuta avventura nel vecchio continente fece si che per la sua colonna sonora venissero rispolverate un paio di canzoni popolari in voga sulla sponda orientale dell'Atlantico. La francese "Auprès de ma blonde" (Le Prisonnier de Hollande), risalente al XVII secolo si trasformò quindi in "I Love Only One Girl", per mezzo della quale Elvis snocciola le sue conquiste amorose, vale a dire una in ogni città passando anche per Napoli. Grazioso, per quanto scontato, il breve rimando a "O' Sole Mio" quando arriva il turno di Maria. Quanto a "Old MacDonald Had a Farm", in circolazione dagli inizi del '900 e interpretata da una schiera di interpreti (è nota in Italia come "Nella vecchia fattoria") si tratta di qualcosa che salvo lo zoccolo duro formato dai fans più intransigenti nessuno avrebbe voluto ascoltare. Esigenze di copione, puro divertimento, quello che si vuole, ma seguire Elvis mentre imita gli animali presenti nella fattoria non genera vibrazioni positive.

Sul disco non mancano gli pseudo-rock, di quelli che avevano cominciato a proliferare negli ultimi tempi di vacche magre. A questa categoria appartengono naturalmente la brevissima title-track, alla quale non giova un'iniezione di fiati e "Baby If You'll Give Me All Of Your Love". Poco da segnalare al riguardo, si tratta di surrogati che non hanno la pretesa di restituire al mondo l'immagine di un rocker straordinario, in quanto troppo carenti dal punto di vista compositivo. Più realisticamente, in questi espedienti sonori si cela la tenue speranza che l'ascoltatore possa individuare i riflessi dei bei tempi che furono. Per la frenetica "Long Legged Girl (With The Short Dress On)", scelta dalla RCA come singolo di lancio, vale forse la pena di spendere qualche parola in più. Si tratta di una canzone di neanche due minuti, certo non memorabile, ma è interessante notare come Elvis la faccia sua, quasi con rabbia, come se guardandosi intorno non trovasse nulla di buono da incidere e sfogasse su di essa tutta la frustrazione. Agevolato da una chitarra elettrica dal suono decisamente "hard", il cantante sputa fuori un testo a dir poco elementare, ma lo fa in un modo che chi scrive si azzarda a definire convincente. Viene quasi da chiedersi se poi sia effettivamente riuscito a passare del tempo con la ragazza dalle gambe lunghe. Speriamo di si. Certo è che in altri tempi non avrebbe degnato "Long Legged Girl" di una take, ma in quel momento non dispone di altro e fa semplicemente del suo meglio.

"Could I Fall In Love" è il lentone d'atmosfera obbligatorio, un numero presente, salvo ben poche eccezioni in tutti i film girati dal cantante. Quasi a voler rimarcare il senso di doppio che permea il progetto "Double Trouble" in questo brano Elvis armonizza con se stesso. L'effetto complessivo è molto gradevole, per quanto durante l'ascolto non si possa prescindere da una pesante sensazione di déjà vu.

"There Is So Much World To See2 è breve quanto graziosa e l'autore di questa recensione l'ha sempre apprezzata. Si tratta di un piccolo blues ultra edulcorato con il quale Elvis cerca di porre fine ad un amore nascente. Mentre la si sente arrivare e passare in poco più di un battito di ciglia si è accompagnati da un sottile velo di malinconia. Anche chi la cantò avrebbe avuto un mondo intero da esplorare, non solo musicale, ma non lo fece mai. Atmosfera notturna e jazzata invece per la insolitamente lunga "City By Night". Il brano è sopra la media, tuttavia la voce di Elvis non è al top.

L'album è completato da quattro bonus songs, la prima delle quali, "It Won't Be Long", è uno scarto della stessa pellicola da non confondere con l'omonimo brano dei Beatles. Ritmata, ma caratterizzata da una pochezza disarmante. Le altre tre provengono dalle sessions che Elvis tenne a Nashville nel maggio del 1963, le quali avrebbero dovuto generare un nuovo long play quello stesso anno. Sfortunatamente, le rigide esigenze cinematografiche non avevano reso possibile l'operazione. Si tratta di tre brani appartenenti ad una vena creativa non paragonabile a quella riscontrabile nei restanti due terzi del 33 giri.

In questi masters è possibile individuare quell'entusiasmo che, triste a dirsi, ai tempi di "Double Trouble" aveva ben poche possibilità di emergere. In "Blue River" Elvis canta "...a place where lonely lovers all go to cry their tears..." tornado sul tema trattato in "Heartbreak Hotel" dieci anni prima. I toni, naturalmente, sono meno drammatici: il sinistro hotel in fondo a Lonely Street lasciava presagire una pace eterna per i cuori infranti, mentre il fiume è testimone di uno sfogo senza apparenti conseguenze. Questa canzone era stata la compagna di viaggio di "Tell Me Why" su un singolo emesso nel dicembre del 1965. Stesso discorso per "Never Ending", già b-side di "Such A Night" nel 1964: una ballad senza particolari picchi, però morbida e sognante, oltre che splendidamente interpretata. Sarebbe stata perfetta in chiusura di un album migliore di questo. Quanto a "What Now, What Next, Where To", non era mai stata utilizzata prima. Una composizione nella media, nulla di eccezionale, ma qui la voce di Elvis è al massimo dello splendore, l'interazione con il coro perfetta e il ritmo fa schioccare le dita. Insomma, mentre la si ascolta si ha l'impressione che tutto vada bene, e non è poco. Date le circostanze, la frase introduttiva del testo "like a ship without a compass on a cold and lonely sea" (come una nave senza bussola sopra un mare freddo e solitario), calza a pennello all'Elvis di quel periodo.

I guai evocati da "Double Trouble" si manifestarono, poco sorprendentemente, quando il singolo di lancio e l'album che lo ospitava tentarono di farsi strada nelle classifiche statunitensi. Il primo non andò mai oltre la posizione numero 63, dileguandosi in cinque settimane, mentre il secondo dovette accontentarsi di un 47° posto che ebbe la risonanza di un autentico flop. I tempi delle ninna nanne, dei rock annacquati e delle serenate al chiaro di luna volgevano inequivocabilmente al termine. In realtà erano già finiti, ma nel regno fiabesco che gli era stato edificato intorno Elvis tardava a cogliere i riflessi del cambiamento. Continuò a crogiolarsi nel ricordo delle antiche conquiste ancora un poco, poi realizzò che era tempo di tornare a combattere. Magari su un ring. Fu allora che indossò un'uniforme nera quanto il tunnel nel quale si era cacciato, dimenticandosi per sempre di "Double Trouble".

Double Trouble (Giugno 1967)

Double Trouble / Baby If You'll Give Me All Of Your Love / Could I Fall In Love / Long Legged Girl (With The Short Dress On) / City By Night / Old MacDonald / I Love Only One Girl / There Is So Much World To See / It Won't Be Long / Never Ending / Blue River / What Now, What Next, Where To

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