Scrivere di Elvis

Ci sono periodi in cui viene difficile scrivere di Elvis, perché hai l'impressione che tutto sia già stato detto, che non ci sia più nulla da scoprire, spiegare. Le canzoni sono quelle di sempre, custodite in chilometriche file di album che sapresti riconoscere con gli occhi bendati, semplicemente toccandoli, e hai paura di essere diventato meccanico, di non riuscire a metterci la testa, o il cuore. Poi, assecondando l'umore del momento metti su un disco, quello stesso disco che hai già fatto girare un milione di volte e realizzi che le emozioni che credevi spazzate dal vento sono tutte lì, dove le avevi lasciate. Non ti scivolano addosso, non terminano la loro corsa ai tuoi piedi, non corrono il rischio di essere calpestate. Elvis ti stava aspettando. Come ha sempre fatto negli ultimi quarant'anni. Per disperdere le lacrime e per colorare un sorriso appena accennato. Per frenarti nella discesa e per spingerti nella risalita. Allora ti è chiaro che c'è ancora molto da dire e da fare, comprendi che non finirai mai di sdebitarti.

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