Sotto la pioggia del Kentucky

Non so perché stai fuggendo,
Da cosa o verso cosa tu stia fuggendo,
Tutto quel che so è che voglio riportarti a casa...

"Kentucky Rain" è il quarto singolo fuoriuscito dalle fantastiche sessions all'American Sound Studio di Memphis del gennaio / febbraio 1969, e pur non ottenendo un successo commerciale paragonabile a quello di "In The Ghetto" (#3), "Suspicious Minds" (#1) e "Don't Cry Daddy" (#6), si piazzò ugualmente bene nella Top 20 statunitense, raggiungendo la sedicesima posizione. La bella composizione di Eddie Rabbitt e Dick Heard narra di un uomo alla disperata ricerca della sua compagna sotto l'incessante pioggia del Kentucky ed è valorizzata da un Elvis completamente calato nella parte. Puntellato dalla linea del basso e sorretto dalla sezione fiati e dal coro, il cantante alterna quindi momenti di preoccupata quiete ad improvvise esplosioni di determinazione, portando a termine una delle migliori prove del suo repertorio.

Non conosceremo mai le motivazioni che hanno indotto la donna ad andarsene, così come lo sfumare del brano non ci rassicura affatto sul lieto fine della storia, ma mi piace pensare ad un uomo inzuppato che si rifugia in un locale, dove trova "lei" davanti a un drink, persa nei suoi pensieri. I due si fissano senza dire una parola e dopo alcuni istanti dilatati dallo sfinimento si ritrovano l'uno fra le braccia dell'altra. Al piano superiore c'è una camera libera, all'improvviso la notte non fa più paura. Poi, una volta soli non c'è neanche il tempo di chiudere la finestra... Poco importa, la pioggia non li raggiungerà. Si, può bastare, dal cielo sono cadute fin troppe lacrime. Dai Elvis, dimmi che è andata così.

Questa, l'ho già scritto altre volte, è la prima canzone di Elvis che mi capitò di ascoltare. Avevo soltanto undici anni, ma furono sufficienti le prime tre parole pronunciate da quella magica voce, quel "seven lonely days..." introduttivo a farmi realizzare che l'arte di questo meraviglioso artista mi avrebbe accompagnato per il resto della vita.

Negli Stati Uniti "Kentucky Rain" fu poi collocata nel box antologico "Worldwide 50 Gold Award Hits, Volume 1" (1970) e successivamente piazzata in apertura di "Pure Gold" (1975), una compilazione in linea economica. Nel 1970 Elvis la inserì per un breve periodo nella set list dei suoi spettacoli (buone le rese live) prima di dimenticarsene per sempre. Ancora oggi mi chiedo perché.

Sul retro del 45 giri trovò posto "My Little Friend" (di Shirl Milete), proveniente anch'essa dalle citate sedute di incisione a Memphis. Stavolta il lui di turno si lascia andare ai ricordi del suo primo amore. Un classico, non è vero? Prima o poi lo abbiamo fatto tutti. Ad ogni modo, si tratta di una di quelle composizioni che sembrano dover decollare da un momento all'altro e che invece si rivelano fondamentalmente incompiute. In effetti, a dispetto della potente introduzione "My Little Friend" mantiene privo di sussulti e un po' monotono il suo passo, ma è comunque dispensatrice di un'altra splendida prova vocale di Elvis. Perfetta nel ruolo di b-side trovò subito posto nella raccolta "Almost in Love".

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