Elvis e il cinema: Acapulco e dintorni

La ricetta della felicità a Hollywood? Facile: una location esotica, delle splendide ragazze e un mucchio di canzoni senza pretese, perché la gente vuole passare un'ora e mezza al cinema lasciandosi i problemi alle spalle. Già, nei primi anni sessanta il nuovo corso cinematografico voluto da Hal Wallis e dal Colonnello Parker pagava bene, assicurando incassi di notevole entità su tutti i fronti. E allora, perché cambiare le carte in tavola e buttarsi sull'impegnato, correndo il rischio di ritrovarsi con le tasche vuote? A un certo punto Elvis avrebbe iniziato a manifestare totale insoddisfazione nei riguardi della sua carriera di attore, lamentando l'impossibilità di cimentarsi con un ruolo drammatico, ma non c'è motivo di dubitare che in quei primi anni del decennio traesse soddisfazione da quanto stava facendo sul set.

Parlando di musica e limitandoci alle linee guida tracciate dalla premiata ditta Wallis / Parker, che avrebbero reso superfluo un buon film come Flaming Star (1960) conducendo poi a disastri del calibro di Harum Scarum (1965) e Paradise, Hawaiian Style (1966), Elvis realizzò senz'altro che le canzoni che avrebbero trovato posto nella colonna sonora di G.I. Blues (1960) appartenevano a una vena creativa non paragonabile a quella del decennio che si era appena lasciato alle spalle, tuttavia il frutto del suo lavoro in studio fu sostanzialmente buono, per quanto lo allontanasse bruscamente dall'abituale percorso artistico. Quanto a Blue Hawaii (1961), progetto cinematografico di enorme successo, generò una soundtrack piacevolissima nella quale confluirono felicemente gli elementi musicali delle isole visitate.

Certo, i giorni del rock 'n' roll erano finiti, ma questo a Elvis interessava poco, probabilmente. Stiamo parlando di un artista che tendeva a trascendere i generi, al quale piaceva interpretare i brani che colpivano la sua sensibilità senza stare a valutare se questi rientrassero o meno nei confini del suo regno. Per capire questo concetto fondamentale basti pensare all'impegno che profuse nella realizzazione di It's Now or Never (O' sole mio), in assoluto uno dei pezzi che amava di più. Dunque, se nel corso dei sixties lo standard si fosse mantenuto su livelli accettabili, Elvis avrebbe continuato ad incidere dischi e a girare film tenendo tranquillamente a freno la frustrazione derivante dall'impossibilità di realizzare qualcosa di più sostanzioso. Sfortunatamente le cose non andarono in questo modo.

Le colonne sonore di Follow That Dream (1962) e Kid Galahad (1962), pubblicate entrambe su extended play, sono gradevoli ma piuttosto leggere, mentre quella relativa a Girls! Girls! Girls! (1962), ennesima produzione firmata da Hal Wallis per la Paramount, riempì un long playing e volò alta in classifica, ma evidenziò un progressivo scadimento creativo. Il castello di carte edificato dai ben noti maneggioni iniziò a vacillare con il successivo progetto targato Metro-Goldwyn-Mayer. It Happened at the World's Fair (1963) è una commedia gradevole nella media del periodo, ma l'album che ne derivò fu apparentemente il meno vendibile realizzato da Elvis fino a quel momento, in quanto le canzoni in esso contenute erano piuttosto introverse e poco adatte alla commercializzazione. 

Per quanto riguarda Elvis Presley, che fotografiamo in un momento cruciale della sua carriera, stava imboccando l'ultimo tratto di quel sentiero hollywoodiano che di lì a poco si sarebbe rivelato sempre più avaro di soddisfazioni. Ci furono, tuttavia, delle eccezioni alla regola, la prima delle quali si chiama Fun in Acapulco (1963). A livello di soggetto e sceneggiatura la pellicola non è eccezionale, anche se il risultato finale è decisamente gradevole, ma le sorprese arrivano dal versante musicale dell'operazione. In questo caso, per esigenze di copione venne data a Elvis la possibilità di cimentarsi con brani dal sapore latino, che in quel periodo lui approcciava con vero e proprio trasporto. Spesso viene portato ad esempio il brano (There's) No Room To Rhumba in a Sports Car per sottolineare la decadenza dell'arte presleiana nel corso degli anni votati al cinema. In realtà, spulciando tra le colonne sonore da lui  registrate si trova di meglio e di peggio, ma non è questo il punto. Ascoltando i pezzi scelti per allestire questa soundtrack è tangibile l'entusiasmo del cantante, che sembra stia realizzando un'opera discografica che ama profondamente.

Al pari di Blue Hawaii, Fun in Acapulco è un disco squisitamente a tema. La voce di Elvis è al top, l'intenzione quella giusta e la meta da raggiungere ben visibile all'orizzonte. Stiamo parlando di un prodotto di ottimo livello, realizzato da un grande interprete che nel cinema ci credeva ancora. Sfortunatamente, si sarebbe disilluso in fretta. Per quanto possa sembrare incredibile, Parker e soci non erano minimamente interessati all'aspetto artistico della questione. Perché sottilizzare, quando si poteva ottenere il massimo per mezzo di espedienti a buon mercato?

Foto Elvis: web - Foto disco: Roberto Paglia

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