Ancora sul box "Elvis Live 1969"

In questo periodo sto finalmente ascoltando il box del 1969. Che dire, io lo trovo straordinario per tanti motivi che è inutile stare a elencare ad altri appassionati, ma dubito che il pubblico generalista possa trovare appetibile una sfilza di concerti con scalette suscettibili di pochissime variazioni. A chi non è propriamente un fan, ma ha comunque deciso di approfondire il discorso Elvis Presley, poco importa constatare la differenza che passa tra un dinner e un midnight show, così come non starà a far caso all'ispirazione di Elvis, per forza di cose non sempre sullo stesso livello. Pazienza, consiglio loro una compilazione esaustiva dell'argomento. In questo caso, e qualcuno mi scuserà, poco mi interessa del pubblico generalista. Già in partenza - considerando il prezzo - questo era un set destinato a pochi, vale a dire a chi è interessato anche alla più impercettibile delle pause, anche ai sospiri del proprio artista preferito. Ecco, queste persone non correranno il rischio di annoiarsi.

A proposito di scalette, non ricordo chi fece notare a Elvis che l'inclusione di Memories rischiava di guastare lo show. Forse Sam Phillips, ma potrei sbagliare. Io invece la trovo bellissima, superiore alla versione del '68 Special. Gusti personali, naturalmente, sempre e comunque. C'è chi di It Hurts Me (è un esempio fuori contesto, ma calzante) preferisce la resa del 1968 all'originale del 1964. Non sono assolutamente d'accordo, ma rispetto le opinioni di tutti. Tornando al box, facile notare accenni di stanchezza durante l'esecuzione di Can't Help Falling in Love. Niente di più logico. Intanto Elvis non era il tipo di cantante che si risparmiava sul palco, ma poi il brano di chiusura per eccellenza era generalmente preceduto dall'accoppiata Suspicious Minds / What'd I Say... Energia allo stato puro.

Sulla staticità della set list nulla da eccepire, tanto più che prescindendo da questa corposa emissione - all'interno della quale è già possibile rilevare una seppur minima rotazione - possiamo ricordare un buon numero di canzoni eseguite una manciata di volte, oppure subito abbandonate, ma comunque provate. A monte di tutto, l'ultimo giro di concerti di Elvis risaliva al 1957, e nel 1961 si era esibito soltanto tre volte. C'era da rimettersi in moto e Elvis lo fece alla grande, abbinando materiale recente ai classici dei vecchi tempi, passando per Hollywood e per lo Special televisivo dell'anno precedente senza dimenticare diversi grandi nomi del periodo, come i Beatles. Mi pare abbastanza, non è che per il suo ritorno sulle scene potesse far ruotare duecento pezzi, e, a pensarci bene, in quel preciso momento della sua parabola non era neanche necessario.

Comunque, per concludere questo post contenente impressioni in ordine sparso - magari scriverò una recensione più approfondita tra qualche tempo - fossi stato in Elvis avrei dato almeno una chance a tre brani, che nella mia mente di super appassionato a volte un po' eccentrico non avrebbero sfigurato: la già citata It Hurts Me, Almost in Love e... Viva Las Vegas, naturalmente. Me la immagino nervosa e tiratissima, magari alternata a What'd I Say nella parte finale dello show, quasi un saluto alla città che aveva accolto con entusiasmo il suo grande ritorno.

Articolo precedentemente pubblicato sulla mia pagina fb Something About Elvis

Foto: Roberto Paglia

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Alcune considerazioni sul nuovo box "Elvis Live 1969"

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